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La “Goccia” vista di tre quarti anteriore mostra un ottimo equilibrio estetico

Ballò una sola estate
La Giulietta Sprint Veloce “Goccia” di Michelotti e Conrero

di Maurizio Tabucchi

L’avevano chiamata “Goccia” per la sua ideale foggia aerodinamica, ma per qualcuno fu una goccia di veleno, visto che di preoccupazioni questa Giulietta aerodinamica ne dette molte. Per cominciare a Elio Zagato, ma anche a quei piloti che nella classe fino a 1300 cm3 della categoria Gran Turismo già dovevano vedersela con le rare - per fortuna - Lotus Elite e che avevano a buon diritto confidato nelle doti delle Alfa Romeo Giulietta Sprint Veloce, prima, e delle SZ poi. Per loro fortuna l’accoppiata Michelotti - Conrero ne realizzò un solo esemplare, nel 1961. Tardi per la verità, il tempo correva rapido, altrimenti sarebbero stati guai. In quello stesso anno era infatti uscita la SZ coda tronca, ma era anche la competitività delle Abarth 1000 Bialbero, pericolo incombente per la categoria GT, che aveva cominciato a preoccupare i clienti Alfa Romeo. L’automobile di questo servizio le E l’eterno confronto fra Torino e Milano si riaccende, ma non fra Lancia e Alfa Romeo: fra la scuola torinese e quella lombarda. Fra Virgilio Conrero e Piero Facetti. Sembra che entrambi abbiano ottenuto dall’Alfa Romeo i carichi di rottura dei motori Giulietta e possiedono quindi un vantaggio su tutti gli altri. I loro motori hanno ormai superato i cento cavalli/litro (potenza elevatissima per l’epoca) e non si rompono; il Servizio Esperienze Speciali del Portello li ha incaricati di prepararne alcuni che sono stati provati sulle SZ con esiti straordinari. Chi è il più bravo? Forse nessuno dei due. Sono entrambi dei fuoriclasse della meccanica. L’attesa sfida avviene a maggio del 1961, alla III Coppa Ascari a Monza, gara della durata di sei ore, e il lavoro dei due torinesi è premiato. La “Goccia”, con il numero di gara 271 ancora con targa IM 17369 - nel frattempo Conrero ne è divenuto proprietario - guidata dalla coppia Gino Munaron - Paolo De Leonibus, anche loro torinesi affinché il successo sia completamente sabaudo, registra il secondo miglior tempo nelle prove. E’ superata soltanto dal capo collaudatore dell’Alfa Romeo, Consalvo Sanesi (3 minuti e 21 secondi, pari a 179,104 di media), il quale non può cedere il passo all’Alfa torinese; ha voluto per se a SZ Sperimentale coda rotonda (la AR10126*00047* iscritta dalla Scuderia Sant’Ambroeus) e la guida con una foga mai vista. Non si dica che i torinesi mettono dietro le macchine del Portello! La prima ora di gara vede De Leonibus e Munaron in testa, ma un guasto all’impianto di scarico e, più tardi, un’avaria alla frizione obbligano la “Goccia” a sostare ripetutamente ai box. La corsa riprende e nonostante il cambio bloccato sulla quarta marcia, i due piloti riescono a rimontare girando sul piede dei 3 minuti e 26 secondi. Al termine delle sei ore, riescono però a classificarsi solo sesti. Ma il confronto ha volto nettamente a favore della gialla vettura torinese. E’ la più veloce. La stagione 1961 è poi densa di magnifici risultati; Carlo Peroglio, cui venne affidata la “Goccia” per la Aosta - Pila del 16 luglio 1961, consegue un incredibile risultato. Oltre a vincere la propria classe, si piazza terzo fra tutte le vetture della categoria Gran Turismo, infliggendo ben quindici secondi alla prima Giulietta SZ classificata, e colloca la “Goccia” ad appena quattro decimi di secondo dalla Porsche Carrera, prima della classe 1600. La carriera della “Goccia” fu breve come quella delle SZ coda tronca. La filosofia della Granturismo, magnifico compromesso fra auto da competizione e macchina stradale, stava tramontando. Ormai non si raggiungeva più il campo di gara per strada, ma con la vettura sul carrello, trattata come una reliquia. Il meccanico scaldava lentamente il motore con le candele “calde”, secondo un rituale ormai generalizzato. La si spingeva poi fino sulla linea di partenza - guai a metterla in moto, quasi che potesse indispettirsi! - ed infine un ultimo controllo alla pressione delle gomme, ormai esclusivamente Dunlop Racing. Solo allora si concedeva al pilota di sedersi al volante. Il pericolo era nell’aria e stava divenendo tangibile; era stato Carlo Abarth a dare la svolta con una stupefacente berlinetta: l’Abarth Simca 1300, omologata nella categoria Gran Turismo, classe fino a 1300 cm3. Una vettura con una sola destinazione: le competizioni; con la quale il gran turismo - ma nemmeno il piccolo turismo - si poteva fare. Lontana dal concetto che aveva reso celebre e sorprendentemente versatile la stupenda Giulietta.

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La vista frontale; rispetto alla configurazione originaria, la curvatura del musetto è meno pronunciata. Ciò si deve probabilmente ai numerosi urti ricevuti nel corso della carriera

Le confessioni del preparatore

L’autore della preparazione della “Goccia” era stato Riccardo Michi. Assunto da Conrero a gennaio del 1950, divenne capo officina di uno dei più noti preparatori italiani per vetture da corsa e rimase con il mago torinese dei motori fino al 1970, quando fu chiamato da Renato Monzeglio che cercava un tecnico di valore per la propria costituenda squadra. <<Michi, si procuri un muratore, un elettricista e un idraulico e metta in piedi il fabbricato per la squadra corse; alle spese penso io>>; questa la richiesta e il risultato fu una piccola ma straordinaria azienda in via Spalato 50, nella zona di Borgo San Paolo, a Torino, con spazio per cinque vetture, magazzino ricambi, uffici e sala prova motori attrezzata con un moderno impianto di insonorizzazione. Un’officina che fece epoca, dove razionalità ed efficienza, doti assimilate da Conrero, ma anche il grande talento di Riccardo Michi, coadiuvato da sette meccanici, consentirono alle GTA e alle GT Am della Monzeglio Corse di rivaleggiare con le macchine ufficiali dell’Autodelta e addirittura, di quando in quando, batterle. Nato a Torino, Michi è di origine toscana, di Ponte Buggianese in provincia di Pistoia, da dove il padre emigrò per fare il cuoco in Piemonte; anche il figlio avrebbe dovuto continuare quell’attività, ma, evidentemente, l’attrazione per i motori fu più forte. “Con la “Goccia” facemmo veramente un buon lavoro; al banco il motore, quello con steli delle valvole di 8 mm e albero piccolo, dava 130 cavalli a 7600/7700 giri e la coppia si era rivelata ottima. Il cambio era il normale quattro marce e il rapporto al ponte era rimasto il 10/41, quello lungo adottato in serie dalla Giulietta Sprint Veloce. Facemmo lunghi studi sull’impianto di scarico, insieme a De Luca, uno specialista delle marmitte, decidendo di lasciarlo ovviamente lungo ma con due soli silenziatori diretti e una strozzatura all’ultima confluenza due in uno. La buona coppia massima era quindi dovuta in parte anche a questa soluzione. Il modellino in scala provato alla galleria del vento da Michelotti aveva dato ottimi risultati, ma alle alte velocità si sentivano forti scompensi al retrotreno, sicuramente perché la coda era troppo alta. Il parabrezza era quello della Giulietta Sprint Speciale e se ne ruppero molti, perché la scocca tendeva a flettere. Ma la di là di questi problemi, quando ci presentammo a Monza la nostra Giulietta fu superata nelle prove solo da Sanesi; la sua era la SZ Sperimentale, preparata al Servizio Esperienze del Portello, ancora a coda rotonda e con quella c’era poco da fare. In gara la vittoria parve a portata di mano ma non ci sorprendemmo; con Conrero primeggiare era quasi una regola”. La preparazione effettuata dall’officina Conrero prevedeva anche l’alleggerimento dell’albero motore, del volano e delle bielle. Equilibratura perfetta di tutte le masse rotanti, la cura del raccordo dei condotti di aspirazione e relativa lucidatura, asportando la sporgenza delle guide delle valvole. Particolare cura veniva posta nella lucidatura dell’albero motore e delle bielle, operazione tesa anche a ridurre l’innesco di rottura. La testata veniva abbassata di mm. 1,5, mentre basamento e cilindri subivano la riduzione di 1 mm. Oltre all’assetto, veniva particolarmente curata la scorrevolezza, al fine di ottenere la minima resistenza all’avanzamento.

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Messa a confronto con una normale Giulietta Sprint Veloce alleggerita del periodo 1956/1957, la “Goccia” evidenzia l’assetto ribassato e l’altezza generale della carrozzeria molto inferiore.

Autodromo “Riccardo Paletti” di Varano dei Melegari: impressioni di guida della “Goccia” nel corso della prova effettuata dall’autore nel 1996.

Ma eccoci in pista con la “Goccia”. Rispetto alla configurazione originaria, proprio a conferma delle perplessità di Riccardo Michi circa la stabilità posteriore, l’assetto al retrotreno è molto abbassato; niente in comune con la Sprint Veloce di serie. Non si fa fatica quindi a credere alle prestazioni esaltanti che riuscì ad ottenere. La “Goccia” è una macchina “cult”; guidarla provoca una certa emozione. E’ un esemplare unico, una macchina che ha fatto storia. Si avverte quasi un senso di colpa a maltrattarla nei tornanti di Varano o a tirarle il collo nei rettifili. Ma è una macchina da corsa e non può essere trattata con i guanti, non c’è abituata. La bella signora in giallo proverebbe disagio. Quante attenzioni, che diamine! Uno si sente tuttavia seduto su una macchina degna di rispetto. Si pensa all’impegno e alla fatica di Giovanni Michelotti e Virgilio Conrero, personaggi che certo non si arricchirono lavorando sulle automobili e forse con la “Goccia” ci rimisero qualche soldo, anche se soddisfazioni se ne presero tante. Il sedile è basso, sfiora il pavimento e consente un buon assetto di guida. Tranne questo dettaglio, l’impostazione è quella della Sprint Veloce; la pedaliera però non permette un’efficace manovra di punta-tacco, indispensabile su queste vetture. Possibile che Munaron, De Leonibus, Peroglio non lo usassero? Stentiamo a crederlo. Il motore è elastico ma allo stesso tempo grintoso; oltre alla particolare fase degli alberi a camme, tipica dei motori da competizione, influisce anche l’assenza del filtro ai carburatori, sostituito dalle trombette di aspirazione. La frizione è docile, come quelle attuali, e ci si può muovere ad appena duemila giri. Ma ci sarà ancora il lungo rapporto 10/41 al ponte? Speriamo di no; quello era indispensabile a Monza con il cambio a sole quattro marce, quando non c’erano le chicane, ma a Varano sarebbe un supplizio. Che il ponte è “corto”, addirittura l’8/41, si sente subito, tanto rapidamente si scaricano le marce e al “Riccardo Paletti” questa soluzione è ideale. E alla fine del rettifilo dei box, quando ci si immette nella Parabolica, siamo infatti già in quarta. Terza, seconda ed eccoci alla prima esse a 7000 giri; la seconda esse diverte di più perché si percorre a velocità superiore; correggiamo in controsterzo, il retrotreno tende ad andarsene, ma la “coppia” è buona e il motore ci tira fuori dalla curva. Fino a 5500 giri non ha incertezze, ma è dopo che ti eccita; oltre i 6000, e fino ai 7500, il suono si trasforma in sibilo quasi non avesse mai fine. Quarta sul rettilineo e al Ferro di Cavallo ancora controsterzo; all’inizio del rettifilo dei box il contagiri segna 7500 giri e siamo in terza, subito la quarta, tutto a destra, quasi sull’erba, per affrontare di nuovo la Parabolica. I freni non sono male, terza all’ingresso, seconda e avanti per un nuovo divertentissimo giro. L’assetto molto basso al posteriore, se da un lato deve avere certamente eliminato quella certa sensazione di instabilità alle alte velocità, che a Varano peraltro non si raggiungono, ha tuttavia provocato un comportamento piuttosto insolito per la Giulietta, molto sovrasterzante. Ma la Michelotti Conrero è caratterizzata anche da una certa flessione del telaio a causa dell’assenza della scocca di acciaio della coupé di Bertone. Abituati comunque a guidare la Giu- lietta SZ, la stabilità della “Goccia” non è inferiore, anche se la ruota interna alla curva tende a sollevarsi e senza autobloccante si ha una certa perdita di trazione. Buono l’equilibrio dei pesi e appena compreso il comportamento, ci si accorge di andare veramente forte. Ma attenzione, la “Goccia” non perdona molto gli errori, a differenza della Giulietta di serie; per la ridotta escursione della sospensione posteriore, il controsterzo diventa indispensabile e solo così la signora in giallo rivela quelle doti che gettarono nello sconforto i clienti Zagato.  

LA SCHEDA TECNICA

Periodo di produzione: 1961 (1)

Tipo di autotelaio: 750 E

Tipo di motore: AR1315

Motore - cilindri e posizione: 4 in linea, anteriore

Alesaggio e corsa mm: 74x75

Cilindrata cm3: 1290

Potenza CV: 130

Numero giri corrispondente: 7700/1’

Rapporto di compressione: 10,5:1

Distribuzione: 2 alberi a camme in testa

apertura aspirazione: 46°

chiusura aspirazione: 65°

apertura scarico: 65°

chiusura scarico: 34°

Comando alberi a camme: 2 catene silenziose, posizione anteriore

Testa cilindri: in lega leggera, camere di scoppio emisferiche

Altezza testa cilindri: mm. 100

Numero valvole per cilindro e posizione: 2 in testa, disposte a V

Comando valvole: diretto con interposizione di bicchierini e spessori di

regolazione in bagno d’olio

Gioco valvole: aspirazione 30; scarico 55

Alzata valvole: mm. 10

Basamento: lega leggera, comprendente l’alloggiamento dell’albero

motore

Gruppo cilindri: smontabile, canne in ghisa separate

Albero motore: in acciaio stampato, contrappesato

Numero supporti di banco e tipo cuscinetti: 5, a guscio sottile

Tipo cuscinetti di biella: a guscio sottile

Lubrificazione: pompa a ingranaggi, filtro a bagno sul circuito principale

Alimentazione: aspirazione atmosferica, 2 carburatori orizzontali doppio

corpo (alimentazione singola), trombette

Tipo dei carburatori: Weber 40 DCOE 2

diffusori: 29 mm

getti del massimo: 110

Adduzione del carburante: pompa elettrica Bendix

Accensione: singola, batteria, bobina, distributore e candele

Anticipo fisso

Anticipo massimo a 6000 giri/1’ 46°

Sistema di raffreddamento: pompa centrifuga, ventilatore e radiatore

Liquido refrigerante: acqua

Impianto elettrico: tensione 12 volt per illuminazione ed avviamento

Cambio di velocità: tipo Porsche

Numero marce: 4 + rm

Posizione leva: sul pavimento

Rapporti del cambio: I, 1:3,25 - II 1:1,98 - III, 1:1,35 - IV, 1:1 - III, 1:1,35 - IV,

1:1 rm, 1:3,25

Frizione: monodisco con mozzo elastico, a secco

Trasmissione: albero in due tronchi con 1 giunto elastico anteriore e

due cardanici

Ruote motrici: posteriori

Sospensioni anteriori: ruote indipendenti, quadrilateri trasversali deformabili,

molle elicoidali e barra stabilizzatrice

Sospensioni posteriori: ponte rigido, triangolo superiore, puntoni inferiori,

molle elicoidali

Ammortizzatori anteriori: idraulici, telescopici

Ammortizzatori posteriori: idraulici telescopici

Posizione guida: a sinistra

Scatola dello sterzo: vite globoidale e rullo

Organi dello sterzo: 3 tiranti e leva di rinvio

Ponte posteriore: scatola centrale in lega leggera con tubi in acciaio

contenenti i semiassi

Rapporto al ponte: 8/41

Ruote: a disco in lega leggera da 15” x 4.5”

Pneumatici: 155 - 1 5

Freni: idraulici a tamburo

Capacità serbatoio carburante: l. 80

Quantità lubrificante: kg. 6,25

Capacità circuito di raffreddamento: l. 7,5

Passo mm: 2380

Carreggiata anteriore mm: 1286

Carreggiata posteriore mm: 1270

Telaio: in lamiera di acciaio complementare alla struttura metallica della

carrozzeria

Peso a secco kg: 750

Velocità massima km/h: 222 (2)

Modello di carrozzeria: Coupé 2 posti

Esemplari prodotti: 1

(1) Data della presentazione nell’attuale configurazione.

(2) Velocità raggiunta nel 1961 sulla pista sopraelevata di Monza con

coppia conica 10/41.

 L'articolo è stato pubblicato sul numero 1/2008 di epocauto

 

 

 

 

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