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Un miracolo chiamato FULVIA COUPE'

di Marco Centenari

Coupé significa letteralmente tagliato. E’ francese. Anticamente le vetture coupé erano effettivamente delle berline tagliate, con la parte posteriore della carrozzeria eliminata o ridotta, con due porte anziché quattro e due soli posti a sedere. Ci sono esempi del genere anche abbastanza recenti, soprattutto fra le vetture tedesche, come Mercedes e Opel, e ce n’è uno anche italiano, forse il più recente di tutti, la Lancia Kappa Coupé, a cui non ha arriso in verità particolare successo. Ma col tempo il termine coupé ha assunto un significato diverso: non una berlina tagliata ma una vettura sportiva a due soli posti, o al massimo 2+2. In sostanza si è sovrapposto alla più anziana denominazione di berlinetta.

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Il frontale della Fulvia 1.6 HF “Fanalone”

E’ questo il caso dell’auto di cui vogliamo parlare oggi, la Lancia Fulvia Coupé che non era (meno male) una Fulvia berlina tagliata ma una coupé completamente a sé stante. Le turbolente vicende che segnarono il passaggio della Lancia alla Fiat le rimandiamo a una prossima puntata. Parliamo invece di quella che venne subito ribattezzata Fulvietta. E’ il 1965, marzo, Salone di Ginevra. Due anni prima era stata lanciata la Fulvia berlina, sorella minore della Flavia. Anch’essa presentava la novità della trazione anteriore. La coupé, come si diceva, non aveva nulla della berlina se non la meccanica e il pianale, accorciato però di circa quindici di centimetri. La cilindrata del motore, che era a 4 cilindri a V stretto (13°), passava da1091 cm3 a 1216 cm3 e la potenza da 60 a 80 CV. La nuova e originale carrozzeria era stata disegnata da Piero Castagnero, stilista torinese di grande valore ma di scarsa notorietà, già dipendente della Fiat e poi messosi in proprio. Per la Lancia aveva già realizzato l’Appia II e III serie, nonché le berline Flavia e Fulvia. L’immagine della Fulvia Coupé, snella, giovanile ed elegante, conquistò subito il pubblico, maschile e femminile, e andò ben oltre le previsioni della Casa. Piaceva soprattutto quel suo aspetto sbarazzino che, trattandosi di Lancia, rompeva in qualche modo il cliché serio e austero del marchio proponendosi come messaggio nuovo e vagamente trasgressivo. Ciò era accentuato dalla vivacità delle prestazioni (160 km/h, 1 km da fermo in 35 secondi) tanto che già nel gennaio del 1966 ne venne presentata una versione sportiva, denominata HF, con carrozzeria verniciata in rosso e cofano motore in nero opaco. La potenza saliva a 87 CV. Qui occorrerebbe aprire una parentesi sulla trazione anteriore, figlia del professor Antonio Fessia, che se sull’antesignana Flavia e sulla pesante Fulvia berlina non aveva creato inizialmente particolari entusiasmi fra il pubblico, donò invece alla Fulvia Coupé un’agilità e una maneggevolezza in gran parte sconosciute alle contemporanee vetture italiane e anche straniere, se si fa eccezione per la Mini. Probabilmente non era nei programmi della Lancia un impiego ufficiale della vettura nelle competizioni, ma il risultati conseguiti dai piloti privati, soprattutto nei rally, indussero l’azienda a una presenza sportiva diretta.

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In azione al Rallye di Montecarlo del 1975

I primi risultati giunsero già nel 1967 con un secondo posto del pilota svedese Ove Andersson al Rallye di Montecarlo e una vittoria di Sandro Munari al Tour de Corse. Questo avveniva con la 1300 HF, ma nel 1969 comparve la 1600, con cilindrata portata a 1584 cm3 e potenza di 114 CV. Fu questa l’arma vincente della Lancia che nel 1972, con l’equipaggio Munari-Mannucci, sbaragliò il campo al Rally di Montecarlo e conquistò il Campionato internazionale marche. In base ai regolamenti dell’epoca, la vettura che trionfò nelle competizioni poco si scostava dalla versione di serie. Il motore 1600, grazie alle cure di un tecnico sopraffino come Ettore Zaccone Mina, giunse a erogare potenze vicine ai 150 CV, i rapporti del o, secondo i maligni, una 2-2, data l’esiguità dello spazio per i due presunti posti posteriori. Anche nell’impostazione meccanica la vettura è rimasta sempre la stessa con motore anteriore a sbalzo sull’asse delle ruote e inclinato di 45° e trazione anteriore. E’ cambiata la cilindrata, passata dagli iniziali 1,2 litri a 1,3 e a 1,6. In totale ne sono stati costruiti circa 150 mila esemplari. La versione di maggior produzione è stata la Coupé 1300 S (1970-1974) con quasi 50 mila unità. Il modello con la quotazione più abbordabile è la Coupé 3 (1973-1976) che insieme alle varianti Montecarlo e Safari può essere acquistata fra i 3.500 e i 4.500 euro. La più cara di tutte è la Coupé Rallye 1.6 HF (1968-1970) detta anche Fanalone per i due fari di profondità interni di diametro maggiore rispetto a due esterni anabbaglianti. Le sue quotazioni possono superare i 20.000 euro. Ricordiamo che tutte le Fulvia Coupé hanno superato i trent’anni di vita per cui sono automaticamente esentate dalla tassa di possesso.

 L'articolo è stato pubblicato sul numero 4/2008 di epocauto

 

 

 

 

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