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BMW 507, bella e complicata
BMW 507, straordinariamente bella… ma straordinariamente complicata!
di Vittorio Valbonesi
Esistono uomini particolari, persone che dalla vita hanno avuto in dono un regalo speciale che si chiama genio ... Fare infatti con facilità ciò che gli altri trovano difficile è talento, fare ciò che è impossibile per il talento è genio! Albrecht Goertz è stato davvero un uomo speciale, un personaggio, un protagonista del suo tempo. Nato nel 1914 a Brunkensen, un villaggio della Bassa Sassonia da madre ebrea, fu costretto negli anni Trenta a lasciare la Germania nazista. Prima di espatriare aveva lavorato come apprendista presso la Hamburg Deutsche Bank, esperienza importante che gli permise, appena arrivato a Londra, di impiegarsi presso un altro istituto di credito, la Helbert Wagg & Co. Nel 1936, a ventidue anni, sbarca negli Stati Uniti dove svolge i più svariati mestieri, pur avendo già dentro di sé l’amore per le automobili e per le belle forme sinuose che le avvolgono. Goertz, a tempo perso, schizza di tutto, disegnando però essenzialmente carrozzerie di automobili. La grande passione lo porta ad acquistare un telaio Mercury, su cui adatterà il suo progetto realizzando una vettura bassa e sportiva che chiamerà Paragon. Ottenuta la cittadinanza americana, viene arruolato in fanteria e alla fine della guerra incontra il famoso designer americano Raymond Loewy (il padre della bottiglietta della Coca Cola), il quale, incantato dalla linea filante della Paragon, lo vuole al suo fianco per il restyling della Studebaker modello 50. Finalmente, nel 1953 apre un suo studio di consulenza stilistica e disegna le armoniche a bocca per l’azienda tedesca Hohner; conosce poi Max Hoffman, già famoso importatore di automobili di origine austriaca, che lo fa incontrare con i vertici della BMW. Dopo il grande successo ottenuto con l’intramontabile Stella 328, nella seconda metà degli anni Cinquanta la Casa bavarese deve trovare una degna sostituta che possa ripetere in chiave moderna i fasti ottenuti con la precedente cabriolet sportiva d’anteguerra. E’ il consiglio d’amministrazione della Bayerischen Motorenwerken, dopo aver attentamente vagliato il progetto del barone Goertz, presentato presso il BMW – Pavillon di Monaco, che dà il via al dirompente disegno dell’eclettico designer, denominato 507. Concede quindi carta bianca alla Goertz Industrial Design e nasce così un’automobile mitica, ancora oggi fra le più belle ed eleganti cabriolet di tutti i tempi. Il fattore chiave del nuovo progetto risulta fin dall’inizio il disegno della calandra, nel quale i due tipici “reni” della marca assumono uno sviluppo orizzontale con un rapporto altezza/larghezza che rivoluziona il frontale di tutte le nuove vetture; artificio che caratterizzerà, come diremmo oggi, il family-style degli anni a venire. Ma cosa possiede di così particolare questa vettura? Presentata in anteprima a New York, per i clienti più facoltosi ed appassionati, all’Hotel Waldorf Astoria di Manhattan centro del yet set internazionale, dal magico importatore Hoffman, e successivamente al salone di Francoforte, raccoglie plausi e complimenti dalla stampa specializzata, ma soprattutto il consenso unanime del pubblico tedesco, rapito dalla sua immagine fresca e avveniristica. Una vettura elegante, leggera: i parafanghi proiettati in avanti, il frontale lunghissimo, fuso con la coda rastremata e delimitata dalle due pinne che completano il perfetto disegno della 507. Il motore della 507, tutto in lega leggera, è un otto cilindri a V da 3168 cm3 che sviluppa 150 CV con una massa di appena 1220 kg. Ha canne cilindri umide e distribuzione di tipo tradizionale con albero a camme centrale azionato da catena. L’autotelaio è evoluto e sofisticato, con sospensioni a barra di torsione su entrambi gli assali. La roadster tedesca prevede fra gli optional due tipi di rapporto al ponte che le permettono di infrangere il muro dei 220 km/ora, una velocità ritenuta nel 1956 “supersonica”. La BMW per rispondere ai tanti detrattori che non credono in tali prestazioni, organizza un test di velocità sull’autostrada Monaco - Ingolstad, alla presenza della stampa specializzata. Il pilota e allo stesso tempo progettista del telaio, Alexander von Falkenhausen, lancia una 507 dotata di hard-top a 220,1 km/h. Anche con il tetto rigido, l’eleganza della vettura rimane inalterata, come splendidi sono volante e pomelleria di colore bianco, comune per tutti i colori disponibili (24 tinte in catalogo), gli strumenti nitidamente leggibili sono grandi ma molto ben proporzionati nell’accogliente plancia che integra perfettamente la griglia cromata dell’altoparlante dell’autoradio Beker-Mexico. La pelle pregiata, cucita a mano, veste le comode e larghe poltrone, mentre la moquette del pavimento, anch’essa intonata alle tinte scelte dal cliente, crea subito a prima vista l’effetto del salotto di casa. La spinta poderosa dell’ovattato otto cilindri regala forti sensazioni di guida. Elastico, silenzioso, progressivo, forse davvero unico fra i propulsori degli anni ’50, è disponibile, su richiesta, con l’elaborazione eseguita dalla Casa che raggiunge 165 CV; è accoppiato ad un cambio assolutamente dolce e preciso. Lo sterzo rende il massimo con la guida sportiva, richiede però un buon “lavoro di braccia” per mantenere la bavarese in traiettoria. Confortevole già allora come oggi sui lunghi rettifili, si trova a suo agio anche sullo sconnesso offrendo sicurezza nelle curve veloci nonostante il lieve sottosterzo all’entrata e il blando sovrasterzo in uscita. La 507 viene costruita in un totale di 254 esemplari, di cui 34 appartenenti alla prima serie (caratterizzata dai cerchi ruota in tinta con la carrozzeria e la piccola borchia centrale con lo scudetto bianco/blu) e 214 della seconda serie. Queste ultime sono riconoscibili dalle nuove coppe ruota, prima in tinta grigio metallizzato, poi nuovamente in tinta vettura con canale cromato e gallettone centrale, nonché dalla maniglia sulla plancia nella zona passeggero. Altra modifica è lo spostamento del serbatoio, ora da 65 litri (nel rispetto delle normative americane in materia di sicurezza), nel già esiguo bagagliaio posteriore. I freni a disco, a richiesta per la prima serie, diventano di serie.
Il prototipo disegnato da Michelotti.
Fra le tante particolarità ricordiamo altri quattro esemplari pre-serie e due telai speciali, la partecipazione alla Mille Miglia del 1957 con il pilota venezuelano Enrique Muro, iscritto in gara col numero di gara 525, che dovette però ritirarsi per problemi meccanici. Dopo aver letto l’elenco di tutte le caratteristiche che contraddistinguono la splendida cabriolet di Monaco, l’attento lettore appassionato cultore di automobilismo si chiederà “ma l’autore cosa voleva intendere definendo la 507 complicata?” .... Sì, la storia di questa fascinosa vettura fu davvero, come in tante bellissime storie d’amore, una sequenza di complicazioni che solo la BMW, Casa seria e preparata, già vittima delle brutte esperienze del primo dopoguerra, volle con immensi sforzi e volontà affrontare. Dopo la felice presentazione della 507, ci si rese conto che la gestazione del progetto sarebbe stata lunga. Al salone di Francoforte erano stati presentati i due prototipi (uno verniciato in bianco, l’altro azzurro metallizzato) interamente costruiti a mano. Fra il settembre 1955 ed il gennaio 1956, la fabbrica non riuscì che a costruire artigianalmente una sola vettura! Occorrevano circa 600 ore di lavoro per la formatura e l’assemblaggio della carrozzeria in alluminio e il primo lotto prevedeva cento esemplari. L’ufficio commerciale della Casa valutò immediatamente che, anziché mettere in vendita la 507 ai 18.300 marchi preventivati, occorreva innalzare di molto il prezzo di listino: una cifra compresa fra i 24.300 e 27.00 marchi! Un’enormità al confronto della Mercedes 300 SL che ne costava 29.000. I collaudi preventivi si allungavano causa l’iniziale scarsa potenza del motore (poi aumentata) ed ai fenomeni d’instabilità del retrotreno corretti in seguito, grazie all’adozione di una barra Panhard. La data di inizio produzione fissata per il mese di aprile 1956 venne posticipata, ma in agosto ancora si brancolava nel buio e i concessionari si videro annullare le prime 46 prenotazioni. Nello stesso mese, il TUV (la motorizzazione tedesca, Techniche Uberwachungs Verein) impose ulteriori verifiche alla potenza dichiarata, ancora però lontana dai valori riscontrati dal rigido organo di controllo. Risultato: altro tempo perduto, altri ordini inevasi e l’impossibilità della Casa di investire ulteriori denari per produrre almeno 5.000 vetture annue. Dopodiché, anche le modifiche richieste dalla complesse norme sulle importazioni imposte dal mercato americano, fecero sciogliere come neve al sole la proverbiale verve di Max Hoffman, il quale dovette arrendersi alla fredda logica dei numeri di produzione, la quale, dopo circa un anno e mezzo di lavoro, assommava a soli circa cento esemplari. Nell’ottobre del 1957 il consiglio di sorveglianza della casa decretò l’uscita di scena dai mercati della 507. In effetti con un prezzo d’acquisto in Germania di 26.500 marchi e un hard top da 1.500 (in Italia il prezzo di lancio venne stabilito in 6 milioni e centomila lire) rimase davvero una vettura unicamente elitaria. E quei pochi privilegiati contribuirono a rendere la 507 un mito. Ranieri di Monaco, i Re di Grecia e Marocco, l’Aga Khan, Elvis Presley, Alain Delon, Ursula Andress, John Surtees, Hans Stuck che per diletto la guiderà vittoriosamente in diverse competizioni. Una vettura straordinariamente bella ma straordinariamente complicata che però al momento della sua trionfale presentazione fece pronunciare laconicamente a Rudolf Uhlenhaut, il padre della Mercedes Benz 300 SL, colpito non solo dalla bellezza dei prototipi esposti, ma soprattutto dall’alto livello di esecuzione, le seguenti parole: Noi non siamo in grado di fare una macchina come quella! In seguito Goertz lavorerà anche al modello 503, senza però tralasciare altri settori merceologici: sue creature saranno nel 1957 la macchina fotografica Optima della Agfa, nel 1958 le penne Mont Blanc Classic, i frigoriferi Linde, le radio Saba e numerosi elettrodomestici Rowenta. Nel 1969 sarebbe tornato alle automobili, disegnando per la giapponese Datsun il modello 240 Z. Il barone ci ha lasciato ultranovantenne, non molto tempo fa, e fino al termine della sua lunga esistenza ha continuato a lavorare come consulente stilistico.
Si ringrazia la BMW Italia per la gentile concessione delle foto
Nel disegno, i particolari dell’otto cilindri a V di 3168 cc
L'articolo è stato pubblicato sul numero 7/2008 di epocauto