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Zeccoli alla guida di una GTA 1300 Junior strettamente di serie.

Collaudatore, pilota e... profeta; quell’albero motore era proprio rotto!

TEODORO ZECCOLI

di Maurizio Tabucchi, pubblicato su epocAuto 9-2008

Mentre ascoltiamo i suoi racconti, nella bella casa di Imola, ci troviamo di fronte un personaggio sorprendentemente tranquillo e bonario, dal cuore d’oro. Tanto che riesce difficile immaginare l’ex pilota – collaudatore nel pieno di una gara, quando la bagarre ti obbliga anche ad usare un pizzico di cattiveria nei confronti degli avversari. E Teodoro Zeccoli, dal carattere modesto ma dall’eccezionale professionalità, trasferì proprio questa sua prerogativa nell’efficientissima concessionaria BMW, a Imola, dalla quale si è ormai separato da tempo. Ha scelto definitivamente la pensione, anche se il mese scorso l’Alfa Romeo l’ha chiamato a Balocco per provare la 8C Competizione «macchina stupenda, appena un po’ sovrasterzante, ma per il cliente medio va bene così». Quasi un’intera esistenza basata sul rischio, quella del pilota romagnolo. E c’è un aneddoto che vale la pena raccontarlo. Insieme a Rinaldo Drovandi (che negli anni Ottanta dominava l’Europeo Turismo con l’Alfa Romeo GTV6), stava viaggiando verso Milano direzione Alfa Romeo, ad una velocità a dir poco stratosferica «Ma si può andare un po’ più piano? « sbottò ad un certo punto Drovandi, uno che guidare lentamente quasi non sapeva cosa significasse. «Vedi» rispose Zeccoli «l’autostrada è così pericolosa, che se da qui a Milano andiamo forte rischiamo per un’ora, se andiamo piano rischiamo per un’ora e mezza ». Carlo Chiti, il mitico direttore dell’Autodelta, per paura che lo piantasse in asso, aveva ostacolato con tutti i mezzi il suo desiderio di attaccare il casco al chiodo e realizzare un sogno: cambiare vita e mettersi tranquillo nell’ufficio di una bella concessionaria Alfa Romeo. Ma con il cuore a pezzi, dopo quei lunghissimi anni trascorsi con la Casa del Biscione, Zeccoli prese la sofferta decisione di passare alla concorrenza. A quell’epoca, si era alla fine degli anni Settanta, la BMW dava maggiori garanzie. Nato a Lugo di Romagna nel 1929, aveva debuttato negli anni Cinquanta con una Fiat 1100 TV, per poi passare ad una 1100 TV Siata, carrozzata da Zagato, e ad una Fiat 8V anch’essa opera dell’atelier milanese. Fu la Scuderia Centro Sud di Modena a notarlo e a mettergli a disposizione due OSCA: una MT4 1100 ma, soprattutto la 1500 Tipo S, che Giulio Cabianca e Lodovico Scarfiotti avevano già portato alla vittoria in numerose gare. Ma la dote che più di ogni altra aveva messo in luce Teodoro Zeccoli era la sua eccezionale capacità nell’individuare ogni minimo difetto e fornire preziosissime indicazioni ai tecnici. Ciò gli valse, nel gennaio del 1960, la proposta di Enzo Ferrari per un posto di collaudatore. Qualche perplessità nei confronti della Casa di Maranello, ma soprattutto l’assunzione che avrebbe avuto effetto solo dal 1° luglio, lo convinsero ad andare all’Abarth, dove prese immediatamente servizio. Presso la Casa torinese divenne capo collaudatore e, nella veste di pilota ufficiale, si aggiudicò il secondo assoluto alla 12 Ore di Monza e il primo di classe in altre due importanti gare: la 6 Ore di Clermont Ferrand e la 1000 Chilometri di Parigi. «I due anni passati con Abarth si rivelarono di grande utilità. Era un maestro e da lui imparai tutti i segreti dei collaudi; gli devo tutta la mia professionalità. Mi abituai ad essere sempre estremamente sincero; capii che per fare questo mestiere era indispensabile dire sempre la verità. Se una macchina ha un problema lo devi dire subito, anche se farlo può andare contro il tuo interesse e può dispiacere al progettista; devi sentirti obbligato a manifestargli le tue sensazioni, poi sarà lui a metterle in pratica. lui desidera ricevere. Ma, in questo modo, la macchina non cresce; il progettista si trova di fronte una situazione alterata dove ogni intervento risulta inutile o addirittura dannoso. Con la 850 TC, derivata dalla Fiat 600 D, ebbi la soddisfazione di vincere la prima gara alla quale partecipammo: la Cesana - Sestriere. Anche in Francia ebbi così tanto successo che la 850 TC fu battezzata “Petite Ferrari” perchè sbaragliò il campo delle Turismo; poi arrivò la 1000 TC, sempre su carrozzeria 600 D.

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Zeccoli posa, alla partenza di una gara nel 1959, davanti alla 1100 Siata Zagato ormai segnata dai contatti con le vetture degli avversari.

 

Un giorno mi chiama Carlo Abarth “Zeccoli, vada fino a Susa, faccia un bel collaudo e provi a fondo questa 1000; domani l’ingegner Steinmetz la porterà a Roma per presentarla al Presidente della Repubblica e non vorrei fare brutte figure”. Rientro dalla prova e corro da Abarth. “Ingegnere, secondo me la macchina ha un problema” “Che cos’è questo problema?” “A 6000 giri entra in vibrazione l’albero motore”. Aveva gli occhiali sul naso, mi guardò da sopra intensamente negli occhi puntandomi il dito e pronunciò una frase che ricorderò sempre “E voi (collaudatori n.d.a.), con il rumore che fa pensate di essere così in gamba da capire se un albero motore a 6000 giri entra in vibrazione?” “Si, signor Abarth, non voglio essere profeta di sventure, ma il fatto è che ne sono proprio sicuro!”. Seppi poi da Steinmetz, subito convocato, che Abarth gli disse “Temo che novanta su cento abbia ragione; faccia attenzione”. E alle porte di Viterbo il 1000 si bloccò; l’albero si era spaccato in due! Pur contrariato per l’inconveniente, che vide sfumare la promozione della piccola vettura, Carlo Abarth volle regalarmi una medaglia d’oro in segno di stima». L’arrivo di Teodoro Zeccoli all’Autodelta, il mitico reparto corse dell’Alfa Romeo costituito nei pressi di Udine nel 1963, aveva coinciso con l’inizio dell’impiego agonistico delle Giulia TZ e delle Giulia TI Super. Poi venne la GTA ed infine la 33, l’attesissima vettura Sport a motore posteriore che avrebbe segnato il ritorno alla grande dell’Alfa Romeo sulla scena delle competizio- Spesso, purtroppo, il collaudatore poco serio crede di avere vita facile fornendo al tecnico le risposte che ni internazionali. Oltre che collaudatore, Zeccoli svolge anche una intensa attività di pilota ufficiale ottenendo eccezionali risultati nel Challenge Europeo Turismo e dimostra di non essere secondo a colleghi che rispondono ai nomi di Andrea de Adamich, Ignazio Giunti, Giancarlo Baghetti, Jochen Rindt, Nanni Galli. Con la GTA 1600, a Monza alla 4 Ore del Jolly Club del 1966, è primo insieme a de Adamich e ancora con quest’ultimo stravince la 6 Ore del Nürburgring. Nel 1968 si aggiudica la 4 Ore di Jarama, gara anch’essa valida per il Challenge, e nel 1971 trionfa a Imola al Trofeo Autosprint con la l’Alfa GT Am, un mostro da quasi 240 cavalli. Vengono poi i lunghi anni passati ai collaudi e alle gare con le 33, preceduti, nel 1967, dalla vittoria alla prima uscita della biposto Sport due litri. E’ la gara in salita di Fléron, in Belgio, dove Zeccoli ottiene uno splendido primo posto assoluto mettendosi alle spalle McLaren-Ford 4700, Brabham Climax 2700, Porsche 904 e Ford GT 40. E come già era avvenuto con le TZ, disputa con le 33 quasi tutte la gare del Campionato Mondiale Marche fino al 1977. In coppia con Vaccarella, aveva registrato nel 1968 una splendida vittoria con la 33 due litri alla 500 Chilometri Shell di Imola e, sempre sul circuito romagnolo, con la tre litri aveva ottenuto il terzo posto, addirittura dietro alle Can-Am di Chris Craft e di Merzario, l’una mossa da un motore Oldsmobile di 8.300 cm3, l’altra la leggendaria Ferrari 712 da 7.300 cm3. Ma la sua carriera di pilota si conclude nel 1977 quando un incidente lo convince a limitare l’attività ai collaudi. E che collaudi! Nel 1979, la Formula 1 tutta Alfa Romeo, l’Alfa- Alfa come verrà battezzata, il sogno di Carlo Chiti, quel sogno al quale Zeccoli, pur fra le mille contraddizioni che attanagliano l’Autodelta (ormai fortemente condizionata dalla sempre più difficile situazione generale dell’Alfa Romeo) cerca di dare un contributo. L’attività di Zeccoli non si era limitata alle corse con l’Alfa Romeo perché Chiti, che aveva sempre conservato ottimi rapporti con le altre squadre, quando non c’erano particolari impegni lo “prestava” volentieri. Già nel 1963, quando il progettista pistoiese era direttore tecnico all’ATS, aveva disputato una gara del Mondiale Marche al volante di una Alpine Renault. La stessa Ferrari, tramite la N.A.R.T. di Luigi Chinetti, nel 1969 gli aveva affidato il volante della 250 LM a motore posteriore, la stessa vettura che quattro anni prima aveva vinto la 24 Ore di Le Mans con Masten Gregory e Jochen Rindt. A Balocco, la pista di prova dell’Alfa Romeo, il pilota romagnolo aveva un record che nessuno riuscì mai a portargli via: la velocità massima di 352 km all’ora. E i suoi compagni di squadra all’Alfa in quel periodo non avevano certo il “piede leggero”: si chiamavano Vittorio Brambilla e Arturo Merzario. Ma, per Zeccoli la vita movimentata era cominciata molto prima che Carlo Chiti se lo portasse all’Autodelta, quando l’ATS mostrò i primi irreversibili segnali di crisi. Automobili Turismo Sport si chiamava la Casa di Pontecchio Marconi, fondata nei pressi di Bologna, dove Chiti era approdato nel 1961 dopo la diaspora dei tecnici Ferrari e dove Zeccoli, che all’ATS prese servizio il primo gennaio 1963, collaudò non solo quel capolavoro di tecnica che era la famosa berlinetta da due litri e mezzo con otto cilindri a V, progettata dall’ingegnere pistoiese e disegnata da Franco Scaglione per la Carrozzeria Allemano, ma anche la bellissima Formula 1 di 1500 cm3 a motore posteriore, anch’essa a otto cilindri, che nulla aveva da invidiare alle più avanzate monoposto inglesi. Ma la collaborazione di Chiti con la nascente Autodelta era già cominciata e chi meglio di Zeccoli poteva mettere a punto la Giulia TZ? Sorprendentemente, quindi, all’insaputa dei titolari dell’ATS, iniziarono i collaudi della vettura milanese perché all’Autodelta non riuscivano a risolvere l’anomalia che provocava quel noioso rattare del motore. Proprio dalle indicazioni di Zeccoli, messe in pratica da Chiti, nacque il famoso scarico laterale, dal rumore assordante - suono si affrettò a definirlo qualcuno - la soluzione che, oltre alle TZ, caratterizzò poi tutta la genealogia delle GTA. E se ormai da anni le Abarth 850 TC, le 1000, le Giulia TZ e le GTA emanano quel fascino e quell’entusiasmo che solo chi le ha guidate può descrivere, è merito suo. Grazie Teodoro!

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 27 marzo 1965. Zeccoli insieme a Bruno Deserti alla 12 Ore di Sebring con la TZ in vetroresina. Lo sfortunato ventitreenne pilota bolognese morì appena un mese dopo a Monza (25 maggio) al volante di una Ferrari.

 

L'articolo è stato pubblicato sul numero 9/2008 di epocauto

 

 

 

 

 

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