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TWINGO PRIMA SERIE - La principessa ranocchia

L’utilitaria Renault, giunta al trentesimo compleanno, recupera il patrimonio genetico delle auto francesi improntate alla massima praticità e caratterizzate da soluzioni originali ma riviste in chiave moderna. Rimane a listino per quattordici anni poi prosegue la sua carriera in America Latina.

Per decenni le auto francesi hanno proposto soluzioni particolari, diventando spesso l'incubo di molti meccanici locali. Poi negli anni Novanta arriva una razionalizzazione che da un lato è un allineamento alla concorrenza, dall’altro un tradimento delle aspettative di quei clienti che certe caratteristiche in una francese se le aspettano e che ora non trovano più. Con la Twingo Renault dimostra coraggio rivestendo qualcosa di tradizionale con un abito di aspetto rivoluzionario, mentre si galoppa verso la metà degli anni Novanta, propone un’auto molto innovativa ma sulla quale pulsa un cuore ad aste e bilancieri. Oggi, anche se non li dimostra affatto, la Twingo compie trent’anni ed entra a pieno titolo nel mondo delle auto storiche.
Innovazione e tradizione
Che dire quindi di questa utilitaria con un simpatico muso da ranocchia e un cofano perfettamente in linea col parabrezza? Che a Renault va dato il merito di avere applicato a un’utilitaria, quindi in un segmento a bassa marginalità di guadagno, la formula monovolume: quantomeno in Europa la Casa della losanga è stata la prima a crederci veramente ed è riuscita a lanciare un nuovo standard, spesso rincorso da molti concorrenti con risultati non altrettanto buoni. La realizzazione di un'auto così fuori dagli schemi richiese investimenti colossali per il pianale, costringendo a risparmiare sul resto (motore e interni) suscitando l'opposizione di parte del management, soprattutto del marketing, che sul momento non comprese appieno il progetto: non va infatti dimenticato che la Régie è un'azienda statale e poco incline a lanciarsi in progetti arditi, il cui esito può essere tanto positivo (con la Twingo e la Scenic) quanto disastroso (vedasi il flop dell’Avantime). Il risultato è una vettura interessante e all'apparenza contraddittoria, tra filosofie tramontate e spirito innovativo: in un momento in cui la concorrenza punta su motori plurivalvole e iniezione multi point, abitacoli ben rifiniti, colori sobri e metallizzati per dare un tono elegante anche alle citycar, la Twingo offre una meccanica datata, una limitata dotazione di serie, interni con lamiere a vista: per 14 milioni di Lire ci si porta a casa un’auto che sotto al cofano ha un 1239 cc ad aste e bilancieri da 53 cavalli, derivato da quello della Renault 4 anni Sessanta..

6marbellamotore

Se l’aspetto esterno è simpatico e sbarazzino, gli interni non sono certo da meno: la componentistica di colore verde vivacizza non poco un abitacolo già molto luminoso grazie all’ampia superficie vetrata. Anche il nome, nato dall’associazione tra Twist, Swing e Tango, è perfettamente in tema. A questo proposito ricordiamo che la Panda seconda serie avrebbe dovuto chiamarsi Gingo ma la forte presa di posizione dei francesi, seccati dall’assonanza, fece desistere la Fiat che non cambiò il nome della propria bestseller.

 

Articolo completo su epocAuto di DICEMBRE 2023 a firma di Marco Chiari

 

 

 epocauto 5 2023

  

 

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